I prodotti naturali sono tra i più interessanti prodotti chimici a valore aggiunto, che possono essere classificati come composti organici formati da sistemi viventi divisi in tre categorie principali:
1. composti che si trovano in tutte le cellule e hanno un ruolo centrale nel loro metabolismo e riproduzione (acidi nucleici, amminoacidi e zuccheri), noti anche come metaboliti primari;
2. composti polimerici ad alto peso molecolare che formano strutture cellulari (cellulosa, lignine e proteine);
3. sostanze chimiche caratteristiche di un numero limitato di specie, chiamate metaboliti secondari.
Molti di questi composti bioattivi (ad esempio, alcaloidi, terpenoidi e fenoli) sono stati ampiamente utilizzati come farmaci, nutraceutici e cosmetici.
In campo agricolo, i prodotti naturali hanno una lunga storia di utilizzo come strumenti di gestione dei parassiti e sono stati intimamente connessi con l’agricoltura dal suo inizio ai suoi più recenti sviluppi. Sono nel secolo scorso si è tuttavia compreso che i metaboliti secondari vegetali hanno un ruolo fondamentale nell’ecofisiologia delle piante. Essi, infatti, hanno sia un ruolo difensivo contro gli erbivori, gli attacchi di patogeni e parassiti e nella competizione tra le piante, sia un ruolo attrattivo verso organismi benefici, come i pronubi o i simbionti.
I metaboliti secondari vegetali hanno anche azioni protettive in relazione alle sollecitazioni abiotiche, come quelle associate ai cambiamenti di temperatura, stato dell’acqua, livelli di luce, esposizione ai raggi UV e nutrienti minerali. Inoltre, a livello cellulare, i prodotti secondari agiscono come regolatori della crescita delle piante, modulatori dell’espressione genica e hanno un ruolo nella trasduzione del segnale. Grazie al loro ruolo ecologico nei processi di adattamento e meccanismi di difesa, diversi metaboliti secondari da microrganismi e piante hanno trovato impiego come punti di partenza efficaci da cui sono state derivate nuove aree della chimica. I prodotti fitochimici applicati nella loro forma di estratto semipurificato sono utilizzati commercialmente per la lotta biologica contro alcuni parassiti, come nel caso degli insetticidi botanici.
Negli anni ’60, anche la ricerca chimica sui prodotti naturali con proprietà anticrittogamiche, insetticide e acaricide iniziò ad intensificarsi, in particolare nel controllo degli insetti, con gli imprevisti problemi di persistenza e resistenza incontrati con il para-DicloroDifenilTricloroetano (DDT), gli organoclorurati e i piretroidi. I prodotti naturali hanno svolto un ruolo importante nel progresso della ricerca relativa alla protezione delle colture, contribuendo a individuare nuovi e più ampi spettri e modalità di azione. Un esempio, che ha inaugurato diversi approcci ancora in uso nella moderna scoperta e ottimizzazione dei prodotti fitosanitari, è stato il lavoro svolto sui già citati insetticidi piretroidi.
Per quasi tre quarti di secolo, vi è stata una costante necessità di innovazioni nella tecnologia di protezione delle colture, in modo da contribuire a fornire un approvvigionamento alimentare sostenibile dal punto di vista produttivo per una domanda globale crescente. La continua ricerca di nuove famiglie chimiche selettive, sicure e redditizie, è stimolata da una serie di fattori importanti: lo sviluppo della resistenza ai prodotti tradizionali di protezione delle colture, le nuove pratiche e tecnologie agricole, quali i programmi integrati di gestione delle specie nocive e le applicazioni di concia delle sementi, lo spostamento delle popolazioni di specie nocive e l’evoluzione del panorama normativo, in particolare con i requisiti per il miglioramento dei profili ambientali e tossicologici e la cancellazione della registrazione dei principi attivi più vecchi, ovvero di quelli potenzialmente più problematici (cancerogeni, mutageni, interferenti endocrini, persistenti, bioaccumulanti o caratterizzati da una esposizione non trascurabile per le api).
Un carattere tipico per la ricerca agrochimica è la possibilità di eseguire test di composti promettenti direttamente su organismi interi agronomicamente rilevanti, quali piante infestanti, virus, batteri, funghi, insetti, acari o nematodi, ottenendo quindi in breve tempo dati significativi.
L’utilizzo di prodotti naturali come fonte di input per la scoperta di nuovi prodotti agrochimici offre una serie di vantaggi:
- questi composti possono avere emivite ambientali più basse rispetto ai prodotti di sintesi
- mostrano spesso un’elevata specificità del bersaglio e una bassa tossicità nei confronti degli organismi non bersaglio.
Complessivamente, queste caratteristiche costituiscono anche un vantaggio per l’accettazione pubblica e normativa – come peraltro previsto dai Regolamenti e dalle Direttive attualmente in vigore (REG 1107/2009; DIR 128/2009, REG 396/2005) e dalle decisioni strategiche caratterizzanti la strategia Farm to Fork, inserita nel più ampio panorama di azioni dell’European Green Deal , e sono di estrema importanza per le possibilità di applicazione in agricoltura biologica.
Lo screening di estratti grezzi o semipurificati, come avviene nei processi di frazionamento bio-guidati, può dare ulteriori possibilità di successo, anche se possono essere presenti interferenze indesiderate tra i materiali vagliati e i biotest. Infatti, considerando il ruolo funzionale dei metaboliti secondari nella sopravvivenza delle piante, si comprende il fatto che più sostanze chimiche possono agire in modo additivo o sinergico in siti bersaglio singoli o multipli associati a un processo fisiologico. Questo effetto farmacologico sinergico o additivo può essere utile perché elimina gli effetti collaterali problematici associati alla predominanza di un singolo composto xenobiotico nell’organismo. A questo proposito, le interazioni sinergiche sono alla base dell’efficacia di una serie di fitofarmaci. Ad esempio, come prodotti di difesa, una miscela di sostanze chimiche con effetti additivi o sinergici in più siti bersaglio non solo garantirebbe l’efficacia contro un’ampia gamma di patogeni e parassiti, ma ridurrebbe anche le possibilità che questi organismi sviluppino resistenza o risposte adattative. Allo stesso tempo, estratti grezzi o sempipurificati potrebbero agire da induttori di resistenza, favorendo, quindi, una persistenza del loro effetto anche dopo la loro degradazione.
Attualmente è molto importante stabilire metodi sostenibili per separare, purificare e modificare la biomassa in prodotti chimici riconoscibili e utilizzabili. Ciò è in parte dovuto, con rare eccezioni, alle piccole quantità dei composti bioattivi, inferiori allo 0.01% del peso secco del vegetale, in essa contenute, associate a possibili problemi di inibizione del prodotto, grande variabilità della materia prima, instabilità del composto bioattivo target (o di frazioni estrattive target) e la sua presenza in una miscela chimica complessa. È ben noto, inoltre, che le fasi di separazione, in particolare l’estrazione, incidono fino al 40-80% dei costi totali dei processi chimici più comuni attualmente utilizzati. Per i prodotti naturali l’estrazione con solvente è una delle migliori opzioni, considerando sia la natura di molte sostanze chimiche e matrici a base biologica, siaper il fatto che altri metodi di separazione, come quelli basati sulla cromatografia o l’impiego di membrane, non sono ancora economicamente sostenibili.
L’estrazione di prodotti naturali in passato era stata considerata “pulita”, anche se oggi si sa che il suo impatto ambientale è di gran lunga superiore a quanto inizialmente si potesse stimare. Con l’aumento dei prezzi dell’energia e l’impulso a ridurre le emissioni di CO2, sono state messe a punto nuove tecnologie di estrazione al fine di ridurre il consumo di energia, di solventi e di acqua, per soddisfare i requisiti legali sulle emissioni, sicurezza e controllo di prodotto/processo, riduzione dei costi e aumento della qualità e della funzionalità.
In questo scenario, risulta chiara l’importanza di ottenere estratti grezzi da biomasse da usarsi in formulazioni semplici a basso impatto ambientale, specie in un contesto di economia circolare, che consideri biomasse di scarto agricole che possano essere facilmente sottoposte a estrazione e usate in loco per la difesa delle colture.